Riassunti Chimica II
Forme allotropiche del carbonio (principali):
- Diamante: gli atomi di carbonio sono disposti tetraedricamente. Ogni atomo di carbonio è attaccato ad altri quattro atomi di carbonio con un angolo di legame C-C-C di 109,5°. È una struttura tridimensionale forte e rigida che si traduce in una rete infinita di atomi. Ciò spiega la durezza del diamante, la straordinaria resistenza e durata e gli conferisce una densità maggiore rispetto alla grafite. Il diamante mostra anche una grande resistenza alla compressione. Esso graffierà tutti gli altri materiali ed è il materiale più duro conosciuto (indicato come 10 sulla scala di Mohs). È un isolante e la sua resistenza elettrica, trasmissività ottica e inerzia chimica sono corrispondentemente notevoli;
- Grafite: gli atomi di carbonio sono stratificati. Hanno due tipi di interazioni tra loro. Nel primo, ogni atomo di carbonio è legato ad altri tre atomi di carbonio e disposto agli angoli di una rete di esagoni regolari con un angolo di legame C-C-C di 120°. Queste disposizioni planari si estendono in due dimensioni per formare una matrice orizzontale esagonale. Questi piani sono tenuti insieme da forze più deboli: interazioni di stacking. La distanza tra due strati è maggiore della distanza tra gli atomi di carbonio all'interno di ogni strato. Questa struttura tridimensionale determina le proprietà fisiche della grafite. A differenza del diamante, la grafite può essere utilizzata come lubrificante o nelle matite perché gli strati si staccano facilmente. È morbida e scivolosa e la sua durezza è inferiore a uno sulla scala di Mohs. La grafite ha anche una densità inferiore rispetto al diamante. La struttura planare della grafite consente agli elettroni di muoversi facilmente all'interno dei piani. Ciò consente alla grafite di condurre elettricità e calore, nonché di assorbire la luce e, a differenza del diamante, di apparire di colore nero.
Fase
Fase: è la parte di un sistema nella quale la composizione e la natura e la struttura sono costanti o variano con continuità.
Transizione di fase
Una sostanza può esistere in tre stati fisici: solido, liquido, gassoso.
Transizione di fase: è il processo in cui una sostanza passa da uno stato ad un altro. Punto di solidificazione (o di congelamento) = è la temperatura alla quale un liquido si trasforma in un solido cristallino.
Punto di fusione: è la temperatura alla quale un solido cristallino si trasforma in un liquido. Contrariamente al punto di ebollizione il punto di fusione varia molto poco con la pressione. Una qualsiasi transizione di fase implica liberazione o assorbimento di energia sotto forma di calore.
Punto di ebollizione: temperatura alla quale la tensione di vapore di un liquido eguaglia la pressione esterna (ovvero quella atmosferica).
Variazioni di entalpia nelle transizioni di fase
Riscaldando una sostanza il calore fornito provoca un aumento della temperatura secondo la relazione:
q = m ⋅ calore specifico ⋅ ΔT
calore = massa ⋅ calore specifico ⋅ variazione temperatura.
Durante la transizione di fase, invece, il calore fornito serve per separare le molecole e la temperatura rimane costante fino a che tutta la sostanza non è passata alla fase successiva. Il calore necessario a riscaldare una sostanza pura a P costante può essere facilmente
determinato conoscendo il calore molare o il calore specifico cp° a pressione costante. Se durante il riscaldamento avviene una transizione di fase allora la temperatura resta costante ed il calore scambiato risulta uguale alla variazione di entalpia della transizione: QP = ΔHTr
Capacità termica: rapporto tra il calore scambiato tra il corpo e l’ambiente e la variazione di temperatura che ne consegue.
In generale le capacità termiche di solidi e liquidi sono superiori a quelle dei gas. Ciò è dovuto alle forze intermolecolari che operano nei solidi e nei liquidi. Quando riscaldiamo solidi e liquidi, dobbiamo fornire loro sia energia potenziale che cinetica.
Equazione di Clausius Clapeyron: descrive la variazione della pressione con la temperatura lungo la curva di equilibrio tra due fasi di una stessa sostanza.

In cui:
e
= pressione di vapore
= entalpia di evaporazione
= costante universale dei gas
e
= reciproco della temperatura (in K)
Diagramma di fase: grafico pressione–temperatura e per la maggior parte delle sostanze è costituito da 3 curve. Le tre curve dividono il diagramma in tre regioni in cui è stabile lo stato specificato. Ogni punto su ciascuna delle curve corrisponde a valori di pressione e temperatura ai quali i due stati confinanti sono in equilibrio fra di loro.

Punto triplo: punto in cui le tre curve si incrociano e corrisponde al valore di temperatura e pressione in corrispondenza al quale le tre fasi esistono in equilibrio fra di loro. Il punto triplo è caratteristico di ogni sostanza.
Forze intermolecolari:
Si hanno tre tipi di forze attrattive fra molecole neutre:
- forze dipolo-dipolo: forze elettrostatiche che si esercitano fra molecole con un momento di dipolo, cioè che presentano cariche parziali. In una sostanza polare, le molecole hanno momenti di dipolo permanenti, per cui tendono ad allinearsi con l’estremità positiva di un dipolo diretta verso l’estremità negativa del dipolo vicino;
- forze di London/ di dispersione: forze elettrostatiche che si esercitano tra le molecole con un momento di dipolo non permanente. A causa di questo sono molto più deboli delle altre forze intermolecolari, ma sono anche le uniche possibili nel caso di molecole non polari;
- legame a idrogeno: forza di attrazione debole fra un atomo di idrogeno legato covalentemente a un atomo molto elettronegativo X e un doppietto solitario su un secondo atomo elettronegativo Y adiacente: -X-H—----:Y;
Le forze dipolo-dipolo e quelle di London sono genericamente chiamate forze di van der Waals. Esse aumentano con la massa molecolare, di conseguenza i punti di ebollizione aumentano con la massa molare.
Liquidi:
Stato liquido: le particelle possono muoversi scorrendo liberamente le une sulle altre. I liquidi hanno volume proprio, ma forma non propria (ma del recipiente che li contiene) e sono assai poco comprimibili.
Tensione superficiale: energia richiesta per aumentare l’area superficiale di un liquido. È una grandezza fisica che misura la forza di coesione tra le particelle sulla superficie di un liquido. Le molecole all’interno hanno più molecole vicine che le attirano con forze intermolecolari rispetto a quelle in superficie.
Forze di coesione: forze intermolecolari tra particelle simili.
Forze di adesione: forze intermolecolari tra particelle differenti.
Se le forze di adesione sono maggiori di quelle di coesione, le gocce si rompono e il liquido bagna la superficie con cui viene a contatto.
Angolo di contatto: data una goccia di liquido depositata su una superficie, si definisce angolo di contatto (
) quello formato dalla tangente dell’interfaccia liquido-gas (
) rispetto all’interfaccia solido-liquido (
).
Superfici idrofobiche: superfici aventi un angolo di contatto con l’acqua > 90°.
Superfici idrofile: superfici aventi un angolo di contatto con l’acqua < 90°.
Tensioattivi: sostanze che, aggiunte a un liquido, ne abbassano la tensione superficiale.
Tensione di vapore: pressione esercitata dal vapore in equilibrio con il proprio liquido a una data temperatura. Si tratta di una misura della volatilità di un liquido. Aumenta finché non si raggiunge l’equilibrio (ovvero quando la pressione è costante).
Liquido volatile: liquido con elevata tensione di vapore a temperatura ambiente. Ha un basso punto di ebollizione.
Solidi:
Solido: unità di atomi/molecole/ioni che si attraggono in maniera sufficientemente forte da dare luogo a una struttura rigida. Dal punto di vista strutturale, possono essere:
- cristallini: composti da uno o più cristalli, ognuno con una struttura tridimensionale ben definita e ordinata;
- amorfi: caratterizzati da una struttura disordinata o a corto raggio (SRO).
In base alle forze che tengono unite le unità:
- molecolari: costituiti da molecole o atomi tenuti insieme da forze intermolecolari in genere secondo un reticolo cristallino;
- ionici: costituiti da cationi ed anioni tenuti assieme da forze elettrostatiche attrattive forti. La carica totale (come per ogni solido) è nulla;
- covalenti: costituiti da atomi tenuti insieme da legami covalenti che formano catene o reticoli estesi nello spazio;
- metallici: costituiti da una struttura rigida di ioni positivi circondati da un “mare” di elettroni liberi che danno luogo al legame metallico.
Soluzioni:
Soluzione: una miscela omogenea di due o più sostanze formate da ioni o molecole.
Solvente: componente presente in maggiore quantità nella soluzione.
Soluto: componente presente in minore quantità nella soluzione.
Si possono avere:
- soluzioni gassose: in genere i gas possono mescolarsi in tutte le soluzioni per dare soluzioni gassose;
- soluzione liquide: le più comuni, sono ottenute nella maggior parte dei casi facendo sciogliere un solido o un gas in un liquido (sono comuni anche le soluzioni liquido-liquido);
- soluzioni solide: principalmente leghe di due o più metalli.
Solubilità: concentrazione di soluto nella soluzione.
Soluzioni molecolari: soluto costituito da molecole tenute insieme da forze intermolecolari deboli. Nel caso di liquidi, essi sono solubili solo se sono tenuti insieme da forze intermolecolari simili.
Soluzioni ioniche: soluto è un solido ionico tenuto insieme da forti legami ionici e può sciogliersi solo in solventi polari. I fattori che determinano la dissoluzione di un solido ionico in un solvente polare sono due:
- energia reticolare del solito: somma delle energie di attrazione tra anioni e cationi. Più è grande e minore è la tendenza del solido a sciogliersi;
- energia di attrazione ione-dipolo: fra gli ioni e i dipoli elettrici costituiti dalle molecole di solvente opportunamente orientati. Più è grande e maggiore è la tendenza del solido a sciogliersi
Energia di idratazione: energia elettrostatica di interazione tra uno ione con le molecole d’acqua.
La solubilità di un solido ionico in acqua dipende dal bilancio tra energia reticolare ed energia di idratazione. Infatti, maggiore è l’energia reticolare di un composto ionico e minore è la sua solubilità e viceversa. L’energia reticolare dipende sia dalle cariche ioniche sia dalla loro distanza:
- maggiore è la carica dello ione e maggiore è l'energia reticolare;
- maggiore è la distanza tra gli ioni e minore è l’energia reticolare.
L’energia di idratazione è più grande per ioni di carica elevata e dimensioni piccole. In genere l’energia reticolare prevale per cui è possibile prevedere che:
- solidi formati da una sola carica sono generalmente solubili;
- solidi formati da due o tre cariche sono generalmente insolubili.
Entalpia di soluzione:
Indica la variazione di entalpia associata con la dissoluzione di una sostanza in un solvente a pressione costante.
In base al
:
-
processo di soluzione esotermico
-
processo di soluzione endotermico
La solubilità di un solido ionico aumenta con la temperatura se
, mentre diminuisce se
.
Solubilità dei gas:
Legge di Henry: solubilità di un gas è direttamente proporzionale alla pressione parziale del gas sopra la soluzione.

dove:
solubilità (grammi per litro)
costante di Henry
pressione parziale del gas
Concentrazione delle soluzioni:
La concentrazione delle soluzioni può essere espressa in diversi modi:
Molarità: numero di moli di soluto per litro di soluzione

Molalità: numero di moli di soluto per chilogrammo di solvente

Percentuale in massa:

Frazione molare:

Proprietà colligative:
Proprietà delle soluzioni che dipendono solo dalla concentrazione delle molecole di soluto o degli ioni in soluzione, non dalla loro natura. Possono essere usate per determinare la massa molecolare di sostanze non note.
Legge di Raoult: stabilisce che la tensione di vapore parziale del solvente (
) sopra la soluzione è uguale alla tensione di vapore del solvente puro (
) moltiplicata per la frazione molare del solvente (
):

Se il soluto è non volatile, la
è la pressione di vapore totale della soluzione.
La legge di Raoult vale per soluzioni diluite (con χA vicino ad 1). Quando essa vale per qualsiasi frazione molare (ciò accade quando A e B sono simili) la soluzione è detta ideale.
Innalzamento ebullioscopico e abbassamento crioscopico:

dove:
temperatura di ebollizione (in °C)
costante ebullioscopica (in °C/m)
molalità

dove:
temperatura di fusione (in °C)
costante crioscopica (in °C/m)
molalità
Es.

Osmosi: flusso di molecole di solvente dal solvente puro alla soluzione (in generale, dalla soluzione meno concentrata a quella più concentrata).
Pressione osmotica: pressione che occorre esercitare sulla soluzione per bloccare il flusso osmotico. È una proprietà colligativa ed è proporzionale alla concentrazione molare del soluto.

dove:
molarità
costante universale dei gas
temperatura
Soluzioni di elettroliti:
Elettrolita: sostanza che si scioglie in acqua producendo ioni e formando una soluzione che conduce elettricità. Può essere un composto ionico o molecolare:

Può essere:
- forte:
- debole:

Non-elettrolita: sostanza che si scioglie in acqua senza produrre ioni e formando una soluzione che non conduce elettricità. È un composto molecolare che non ionizza.
Proprietà colligative di soluzioni di elettroliti: si deve tener conto della concentrazione totale di tutti gli ioni piuttosto che della concentrazione dell’elettrolita. Avremo:



dove
è il numero di ioni provenienti da ogni unità formula
Questo è rigorosamente vero solo per soluzioni molto diluite.
Solubilità:
Numero di moli di sale che si sciolgono per litro di soluzione. Può essere calcolata considerando la stechiometria dell’equilibrio di solubilità.
Costante di solubilità (
): corrisponde alla
della reazione di idrolisi del composto, essendo la concentrazione del materiale solido costante, essa è inclusa nella
. È il prodotto della concentrazione degli ioni che il composto forma dissociandosi.
Es.

Idrolisi: reazione in cui l’acqua scioglie un composto.
L’aggiunta di ulteriore solido ad una soluzione satura non ha nessun effetto sull’equilibrio (
non dipende dalla concentrazione del solido).
L’aggiunta di sostanze ioniche che liberano gli ioni che compaiono nell’espressione del
, perturbano l’equilibrio del sistema.
Effetto dello ione comune
Immaginiamo di inserire in un solvente due sali (NaCl e KCl) che quando si sciolgono rilasciano uno ione comune. Immaginiamo di aggiungere il secondo sale (KCl) quando il primo ha già raggiunto la saturazione con l’equilibrio dinamico.


Quando si aggiunge NaCl, aumentano gli ioni
in soluzione e la reazione per mantenere l’equilibrio si sposta a sinistra aumentando il precipitato sul fondo.
Effetto del pH sulla solubilità
Nel caso in cui l’anione che partecipa ad un equilibrio di solubilità è la base coniugata di un acido debole, essa può essere protonata dagli ioni
e di conseguenza la solubilità del sale poco solubile sarà influenzata dal pH. La solubilità aumenta al diminuire del pH.
Precipitazione:
Fenomeno della separazione sotto forma di solido di un soluto (detto precipitato) che si trova in una soluzione in concentrazione maggiore del suo limite di solubilità.
Molto spesso i soluti che sono soggetti alla precipitazione sono gli ioni di un sale. La concentrazione di ioni che non è più compatibile con l’equilibrio precipita sul fondo.
Consideriamo due soluzioni di sali solubili contenenti ciascuna uno dei due ioni che partecipano ad un equilibrio di solubilità di un sale poco solubile.
Per determinare se si ha o no precipitazione in seguito al mescolamento delle due soluzioni,
si fa uso del criterio generale per determinare in che direzione procede una reazione per raggiungere l’equilibrio a partire da concentrazioni iniziali note di reagenti e prodotti:
- se Qc > Kc la reazione procede verso sinistra
- se Qc < Kc la reazione procede verso destra
- se Qc = Kc la reazione è all’equilibrio
Nel caso di equilibri di solubilità,
corrisponde al prodotto di solubilità
e
corrisponde al prodotto ionico che ha la stessa espressione del
ma le concentrazioni dei due ioni non sono quelle all’equilibrio ma quelle della soluzione subito dopo il dal mescolamento. Si deriva il seguente criterio:
- se Qc > K ps si ha precipitazione
- se Qc ≤ K ps non si ha precipitazione
Precipitazione frazionata: tecnica per separare due o più ioni da una soluzione tramite l’aggiunta di un reagente che ne fa precipitare prima uno poi un altro e così via.
Entropia e spontaneità:
Processo spontaneo: processo fisico o chimico che ha luogo senza interventi esterni.
La spontaneità di una reazione (o in generale di un processo complesso) non è determinata univocamente dalla variazione di energia (o entalpia) del solo sistema. Qualsiasi trasformazione del sistema determinerà una qualche variazione anche dell’ambiente. Una nuova funzione di stato nota come entropia deve essere introdotta e affiancata all’entalpia.
Entropia (S): grandezza termodinamica che misura il grado di disordine (o della casualità) di un sistema. Tale grandezza è una funzione di stato per cui per un dato processo è possibile definire univocamente una variazione di entropia.
II principio della termodinamica: per un processo spontaneo l’entropia totale di un sistema e del suo ambiente (cioè dell’universo) aumenta.
Per un sistema che scambia calore (q) con l’ambiente (in generale l’entropia accompagna il flusso di calore in quanto tale calore contribuisce a rendere più disordinato il sistema verso cui fluisce), se il processo avviene in condizioni di equilibrio o quasi equilibrio (reversibile), si può dimostrare che la variazione di entropia del sistema è data da: 
Se il processo è reversibile (= all’equilibrio):
in modo tale che:

Se il processo è, invece, spontaneo si deve avere un aumento dell’entropia nel sistema, cioè:

Variazioni di entropia nelle transizioni di fase:
Nell’equilibrio tra due fasi lo scambio di calore può avvenire reversibilmente, sono quindi processi quasi all’equilibrio. Nel caso di una transizione di fase alla temperatura
si ha
e il 
III principio della termodinamica: una sostanza “perfettamente cristallina” allo zero assoluto (0 K) ha entropia pari a zero.
Entropia standard (S°): valore dell’entropia della sostanza pura nello stato standard a 1 atm a 25°C.

In generale si può affermare che l’entropia aumenta in:
- reazioni in cui una molecola si spezza in due o più molecole più piccole;
- reazioni in cui aumenta il numero di moli di gas;
- processi in cui un solido passa a liquido o gas o un liquido passa a gas.
Energia libera di Gibbs:
Energia libera (G): grandezza termodinamica definita come
. Poiché H, S e T sono funzioni di stato, anche G lo è e per un dato processo è possibile definire univocamente la variazione
.
Fornisce un criterio per stabilire la spontaneità di una reazione chimica a temperatura e pressione costanti. In queste condizioni, si ha:

in cui
variazione di energia libera
variazione di entalpia
temperatura (in K)
variazione di entropia
Per una reazione a temperatura e pressione costanti si ha:
-
reazione spontanea
-
reazione all’equilibrio
-
reazione spontanea nel senso inverso
In genere il contributo energetico è più grande di quello entropico e quindi per reazioni medio-fortemente esotermiche o endotermiche il segno di
è determinato da quello di
. Per reazioni con
piccolo il termine entropico
può determinare il segno di
: reazioni endotermiche (
) possono avvenire spontaneamente purché
e
.
In tali casi il termine entropico diventa più importante all’aumentare della temperatura Tenendo presente che
è facile vedere che la spontaneità di una reazione dipende dai segni di
e
:
-
sempre spontanea
-
dipende dal valore di T
-
dipende dal valore di T
-
mai spontanea
Energia libera standard: può essere immediatamente espressa in termini delle variazioni di entalpia ed entropia standard:

In genere si fa riferimento alla temperatura di 25°C (298 K), anche se il
può essere calcolato a qualsiasi temperatura.
Energia libera standard di formazione:

,
e
sono riferiti alla reazione di formazione di una mole di composto a 25°C e 1 atm.
Come nel caso delle entalpie standard di formazione, l’energia libera standard di formazione di un elemento è posta pari a zero. I valori di
a 25°C per le principali sostanze sono riportati in opportune tabelle e permettono immediatamente di calcolare il
di qualsiasi reazione:

Energia libera e costante di equilibrio:
Costante di equilibrio termodinamica (K): costante di equilibrio in cui le concentrazioni dei gas sono espresse in pressioni parziali e quelle dei soluti in concentrazioni molari.
Se tutti i reagenti e i prodotti di una reazione sono gassosi, K coincide con
mentre, se sono tutti in soluzione, coincide con
.
È possibile dimostrare che, per una data reazione, la variazione di energia libera in condizioni non standard è legata alla variazione in condizioni standard dalla relazione: 
in cui Q è il quoziente di reazione in forma termodinamica, cioè stessa forma di K, ma concentrazioni non all’equilibrio. Da tale equazione si può ricavare immediatamente la relazione fra
e la costante termodinamica K:
Variazione dell’energia libera con la temperatura:
È possibile calcolare la variazione di energia libera standard (e quindi di K) con la temperatura assumendo che
e
siano costanti con la temperatura, cosa approssimativamente vera. Si ha infatti:
in cui
e
sono valori a 25°C ottenibili dalle tabelle e
è la temperatura alla quale si vuole calcolare
. Da quest’ultima si può calcolare la costante K a quella temperatura usando l’equazione
:

Si noti che la temperatura desiderata è esplicitamente usata nelle equazioni per
e per K mentre per
e
si usano di necessità valori tabulati a 25°C assunti non variare con la temperatura. Si noti poi che le condizioni termodinamiche standard non implicano la temperatura a 25°C anche se spesso i valori standard sono riportati a questa temperatura.
Variazione di K con la temperatura:
La dipendenza di K dalla temperatura è a volte espressa direttamente dall’equazione di Van’t Hoff:

dove:
e
due valori distinti di costante di equilibrio
= variazione di entalpia standard
costante universale dei gas
e
due valori distinti di temperatura
Elettrochimica:
Reazioni di ossido-riduzione:
Secondo la teoria di Bronsted-Lowry le reazioni acido-base possono essere considerate come processi di scambio protonico. In questi casi gli elementi che si scambiano il protone non subiscono una modifica sostanziale della struttura elettronica.
In pratica l’unica modifica che si osserva è che, in seguito allo scambio protonico, la coppia del legame H - X diventa una coppia di non legame : X e la carica totale diminuisce di una unità.
Reazioni redox/di ossido-riduzione: vasta classe di reazioni che implicano un trasferimento elettronico formale o effettivo. Per caratterizzare questo tipo di reazioni è stato definito il numero di ossidazione (n.o.) di un atomo in un composto.
Numero di ossidazione (n.o.): corrisponde ad una carica fittizia dell’atomo in questione nella molecola considerata. La carica è assegnata secondo queste regole:
- il n.o. di un atomo in una sostanza elementare, in qualsiasi forma allotropica, è zero;
- il n.o. di un atomo del gruppo IA in tutti i composti è +1;
- il n.o. di un atomo del gruppo IIA in tutti i composti è +2;
- il n.o. del fluoro è sempre -1;
- il n.o. degli alogeni (VII gruppo) è sempre -1 eccetto che nei composti con l’ossigeno o con altri alogeni;
- il n.o. dell’O è sempre -2 tranne nei perossidi in cui è -1;
- il n.o. dell’H è generalmente +1 tranne negli idruri metallici in cui è -1;
- la somma dei n.o. di una molecola neutra è zero;
- il n.o. di uno ione poliatomico è uguale alla carica dello ione.
Nel caso di composti ionici è conveniente considerare separatamente gli ioni. Si consideri la seguente reazione:

La maniera migliore per identificare una reazione di ossido-riduzione è di osservare se si ha una variazione di n.o.

La reazione è quindi una reazione di ossido-riduzione.
In alcuni casi il trasferimento elettronico è evidente solo quando la reazione è scritta solo in forma ionica netta. Ad es.:

Una reazione di ossido-riduzione può essere separata in due semireazioni, una delle quali implica una perdita di elettroni (ossidazione) mentre l’altra implica un acquisto di elettroni (riduzione). Ad es. per la reazione precedente:

In generale, nell’ossidazione si ha un aumento del n.o. mentre nella riduzione si ha una diminuzione del n.o.
Ossidante: specie che in una reazione di ossido-riduzione si riduce, facendo ossidare le altre specie.
Riducente: specie che in una reazione di ossido-riduzione si ossida, facendo ridurre le altre specie.

Reazioni di disproporzione/dismutazione: specie una classe particolare di reazioni di ossido-riduzione in cui una stessa specie si ossida e si riduce
Bilanciamento delle reazioni di ossido-riduzione
Metodo delle semireazioni:
identificare gli elementi che si ossidano e si riducono;
scrivere le due semireazioni di ossidazione e riduzione in forma incompleta;
in ognuna, bilanciare le masse degli elementi che si ossidano/riducono;
in ognuna, aggiungere gli elettroni necessari per il processo di ossidazione/riduzione;
bilanciare le semireazioni rispetto alla carica elettrica usando H+ per soluzioni acide o OH- per soluzioni basiche;
completare il bilanciamento di O e H usando H2O;
combinare le semireazioni bilanciate in modo da avere lo stesso numero di elettroni scambiati.


Cella galvanica/pila: dispositivo che sfrutta le reazioni redox spontanee per avere passaggio di elettroni e, quindi, passaggio di corrente elettrica.

Una reazione di ossidoriduzione può essere condotta con le due semireazioni separate fisicamente e connesse solo da un conduttore elettrico che permette il trasferimento di elettroni liberati nella semireazione di ossidazione a quella di riduzione.
Poiché si ha il passaggio di elettroni da sinistra a destra, se la neutralità delle soluzioni non viene ristabilita a destra si crea un accumulo di carica positiva mentre a sinistra si crea un accumulo di carica negativa che si oppone ad ulteriore passaggio di corrente.
Una cella galvanica è composta da due semicelle in cui avvengono le due semireazioni separate. Affinché avvenga la reazione di ossidoriduzione le due semicelle devono presentare due collegamenti:
- collegamento elettrico = necessario per il flusso di ioni;
- collegamento ionico = realizzato tramite il ponte salino, necessario perché man mano che la reazione procede le due soluzioni si alterano non avendo più l’elettroneutralità. Se gli ioni negativi non potessero diffondere da destra a sinistra si avrebbe un accumulo di carica positiva nella semicella di sinistra che impedirebbe il flusso di elettroni.
Ponte salino = in genere costituito da un tubo contenente un elettrolita in un gel in modo da impedire il rimescolamento delle due soluzioni.
Semicella = è in genere costituita da un elemento metallico detto elettrodo che stabilisce il collegamento elettrico fra la semireazione ionica e il conduttore metallico.
Si definisce:
- anodo (-): elettrodo nel quale si ha l’ossidazione;
- catodo (+): elettrodo nel quale si ha la riduzione.
In una cella gli elettroni fluiscono dall’anodo al catodo.
Reazione della cella: somma delle due semireazioni e rappresenta la reazione netta di ossido-riduzione che avviene nella cella galvanica.
Per poter condurre un qualsiasi tipo di reazione redox in una pila, è necessario far uso di altri tipi di elettrodi:
- elettrodo inerte: basato su una barra di metallo inerte (Pt) immerso in una soluzione contenente due ioni legati alla semireazione;
- elettrodo a gas: basato su una barra di metallo inerte (Pt) immersa in una soluzione contenente uno ione sulla cui superficie gorgoglia un gas legato alla semireazione. Il più comune elettrodo a gas è l’elettrodo a idrogeno.
In entrambi i casi, il platino non prende parte alla reazione di cella, ma serve solo a trasferire gli elettroni dalla cella al circuito.
Notazione per la cella galvanica:
Una cella galvanica è usualmente schematizzata tramite una notazione convenzionale in cui le specie implicate nella reazione di cella, più eventuali elettrodi inerti, sono scritte in un certo ordine e separate da linee verticali.
Ad esempio, nella reazione precedente la cella galvanica è schematizzata così:

In questa notazione, l’anodo è scritto a sinistra mentre il catodo a destra con le specie scritte nello stesso ordine in cui compaiono nelle rispettive semireazioni.
In generale, la notazione sottintende che le parti sono collegate come segue:

La notazione più complessa specifica anche la composizione (concentrazioni, pressioni parziali) di una semicella:

Le parti metalliche degli elettrodi sono sempre scritte alle estremità e sono separate dalla specie in soluzione da una barretta verticale che indica una separazione di fase: quella di sinistra indica il polo negativo e viceversa. Le due semicelle sono separate da due barre verticali che indicano il ponte salino.
Nel caso di elettrodi a gas, il gas è separato dallo ione in soluzione da una barretta verticale. Nel caso di elettrodi inerti i due ioni in soluzione sono separati da una virgola.
Tale notazione permette di scrivere immediatamente la reazione complessiva di una cella galvanica

Durante il normale funzionamento di una cella galvanica, la differenza di potenziale misurata tra i due elettrodi è sempre un po’ minore del voltaggio massimo ideale a causa del lavoro speso per trasportare la corrente attraverso la cella stessa.
Forza elettromotrice/f.e.m./potenziale della cella (
): massima differenza di potenziale tra i due elettrodi di una cella galvanica, misurata idealmente a corrente quasi nulla.
Tale grandezza è importante perché può essere messa direttamente in correlazione con il lavoro massimo che la cella può fornire. La f.e.m. rappresenta una misura quantitativa della tendenza dei reagenti a formare prodotti, cioè della reazione ad avvenire.
F.e.m. standard (
): f.e.m. della cella che opera a condizioni standard, cioè concentrazione dei soluti pari a 1 M, pressione parziale dei gas a 1 atm e 25°C.
Se
è una misura del potenziale standard di una cella,
e
sono una misura del potenziale dell’elettrodo. Poiché
rifletta la differenza del potenziale, essa è data da:

e
: potenziali di riduzione standard di una semicella e avvengono rispettivamente al catodo e all’anodo.
L’equazione è importante perché:
- conoscendo i valori di
e
si può ricavare
;
- in base al valore di
, la reazione si comporta in un certo modo.
Infatti:
-
reazione spontanea nel senso in cui è scritta
-
reazione spontanea nel senso inverso
Dipendenza della f.e.m. dalla concentrazione:
La f.e.m. di una cella dipende dalla concentrazione degli ioni e dalla pressione di eventuali gas implicati nella reazione di cella e dalla temperatura tramite l’equazione di Nernst:

dove:
forza elettromotrice della cella
forza elettromotrice standard della cella
numero ottenuto raggruppando termini costanti, tenendo conto del fattore di conversione da ln a log e riferendosi a 25°C
numero di elettroni trasferiti nella semireazione
quoziente di reazione
L’equazione di Nernst può essere applicata anche per calcolare il potenziale in condizioni diverse da quelle standard di un singolo elettrodo. In pratica l’equazione è applicata nella stessa maniera alla semireazione di riduzione trascurando gli elettroni nella definizione di Q.
La f.e.m. di una cella in condizioni non standard può essere ottenuta calcolando separatamente i due potenziali in condizioni non standard e applicando la relazione: 
Relazione tra f.e.m. e costante di equilibrio termodinamica:

Pila a concentrazione: pila che sfrutta la differenza di concentrazione in una cella costituita da due stessi elettrodi. In questo tipo di cella, il potenziale standard di cella è zero.
Equazione di Nernst e misure del pH:
Usando l’equazione di Nernst è possibile da misure di fem di cella risalire alle concentrazioni di specie in soluzione. Questo approccio è particolarmente utile quando si tratta di determinare basse concentrazioni come nel caso del pH o della solubilità di sali poco solubili. Infatti con l’equazione di Nernst è possibile ricavare la [H+] e di conseguenza calcolare il pH.
Es.




Lo stesso principio può essere utilizzato per ricavare la concentrazione incognita di qualsiasi specie costruendo una cella galvanica in cui la specie in questione partecipa alla semireazione di un elettrodo mentre l’altro è un elettrodo standard noto.
Equazione di Nernst e kps:
Lo stesso principio permette di determinare la concentrazione di uno ione implicato in un equilibrio di solubilità in un’opportuna soluzione satura del sale poco solubile (in genere in acqua pura o in una soluzione a concentrazione nota dell’altro ione) e da questa risalire poi
al
. Spesso si fa uso di pile a concentrazione perché semplificano l’equazione di Nernst.
Es.




Cella elettrolitica: cella nella quale una corrente fa avvenire una reazione chimica che, altrimenti, non avverrebbe in quanto non spontanea.

Una cella elettrolitica è generalmente più semplice di una cella galvanica in quanto non è necessario far avvenire spontaneamente le due reazioni e perché la polarità degli elettrodi è imposta dalla sorgente esterna di corrente elettrica.
Elettrolisi: processo che avviene in una cella elettrolitica. Si distinguono due tipi di elettrolisi:
- Elettrolisi di sali fusi: semplice da trattare perché le possibili semireazioni sono solo quelle che coinvolgono i due ioni che costituiscono il sale. Le definizioni di anodo e catodo sono le stesse, ma nella cella elettrolitica le polarità sono invertite rispetto a una cella galvanica.
Es.
Consideriamo una cella elettrolitica per l’elettrolisi di NaCl fuso.
Due elettrodi inerti, platino o grafite, sono immersi in una soluzione di NaCl fuso (costituito da ione Na+ e Cl- liberi di muoversi) e connessi ad un generatore di corrente elettrica.
All’elettrodo connesso al polo positivo della batteria si ha la semireazione di ossidazione di 

mentre all’elettrodo negativo si ha la riduzione di 
La reazione globale che avviene nella cella elettrolitica è:
ed ha direzione opposta rispetto alla reazione spontanea. Affinchè tale elettrolisi possa avvenire, la differenza di potenziale della batteria deve essere superiore (ed opposta) alla fem della galvanica corrispondente alla reazione spontanea, cioè:

In realtà, i valori numerici suddetti si riferiscono a condizioni standard con [Na+] = [Cl-] = 1 M in soluzione acquosa e non a Na+ e Cl- liquidi, per cui essi sono solo una grossolana approssimazione. Essi sarebbero i valori esatti in soluzione acquose 1 M di NaCl, ma in questo caso la reazione catodica è diversa
- Elettrolisi di soluzioni acquose: la situazione è complicata dal fatto che bisogna considerare anche le possibili reazioni che coinvolgono, ad entrambi gli elettrodi, l’acqua.
L’acqua può dare sia una semireazione di riduzione
Ricordiamo che in tabella è riportato sola la corrispondente semireazione di riduzione
Per valutare cosa succede agli elettrodi dobbiamo considerare tutte le possibili semireazioni di riduzione al catodo e tutte le possibili semireazioni di ossidazione all’anodo.
Ricordando che anche per una semireazione vale:

di conseguenza:
- al catodo si osserva solo la riduzione delle specie col potenziale di riduzione maggiore;
- all’anodo si osserva solo l’ossidazione della specie con il potenziale di riduzione minore (o equivalentemente con il potenziale di ossidazione maggiore).
Tale considerazione si può applicare al caso di soluzioni acquose di due o più sali.
Es.
Consideriamo l’elettrolisi di una soluzione acquosa di NaCl in cui le possibili specie coinvolte sono Na+, Cl- e
. Sia al catodo che all’anodo si possono avere due semireazioni di riduzione o ossidazione.
Le possibili semireazioni di riduzione al catodo sono:
l’H2O ha potenziale di riduzione maggiore e sarà quindi l’idrogeno dell’acqua ad essere ridotto ad H2 e non l’Na+ ad Na.
Le possibili semireazioni all’anodo sono:
In condizioni standard ci si aspetterebbe l’ossidazione dell’ossigeno dell’acqua, ma la piccola differenza di potenziale può essere annullata da differenze di concentrazione (si applica l’equazione di Nernst).
Stechiometria dell’elettrolisi:
I calcoli stechiometrici dell’elettrolisi sono basati sul fatto che per produrre ad un elettrodo un numero di moli di una sostanza pari al coefficiente stechiometrico nella semireazione corrispondente, in cui sono in gioco n elettroni, sono necessari n moli di elettroni e quindi una carica nF di coulomb, dove F è il numero di Faraday (96500 C).


Elettrodeposizione di metalli:
È possibile rivestire un metallo con un sottile strato di un altro metallo in una cella elettrolitica.
Ad esempio, si consideri una lamina di un metallo Me(s) immerso in una soluzione acquosa dei suoi ioni Me(aq)n+. Possono verificarsi due casi a seconda del tipo di metallo:
- il passaggio in soluzione di alcuni atomi del metallo allo stato di cationi, quindi atomi
metallici nella superficie passano in soluzione;
- il deposito sul metallo, allo stato di atomi neutri, di alcuni cationi contenuti nella soluzione. Gli ioni in soluzione sono attratti nel metallo.
Fra la lamina del metallo e la soluzione si crea quindi una ddp, denominata potenziale assoluto del semielemento.
Chimica organica:
Chimica dei composti del carbonio. Oggi ha classificazioni diverse:
- idrocarburi: composti organici contenenti solo C e H;
- eterocomposti: composti organici contenenti anche altri atomi (O, N, S, P).
Classificazione in base alla forma:
- composti aciclici: composti organici a catena aperta;
- composti ciclici: composti organici a catena chiusa a uno o più anelli;
- composti aromatici: composti organici ciclici con almeno un anello benzenico (legami
);
- composti alifatici: composti organici ciclici e aciclici non aromatici.
In modo più analitico, i composti organici possono essere classificati in famiglie o classi sulla base del gruppo funzionale che li caratterizza.
Gruppo funzionale: atomo/raggruppamento di atomi che, per la loro natura e il tipo di legame che li unisce, conferisce a una molecola le sue caratteristiche chimiche e fisiche, in modo relativamente indipendente dalla struttura molecolare complessiva.
I nomi dei composti di ciascuna famiglia sono caratterizzati da un suffisso associato in modo univoco al gruppo funzionale che caratterizza la famiglia.
Valenza chimica: uguale al numero di atomi di idrogeno che si legano a un dato elemento nel composto binario formato dall’idrogeno e l’elemento stesso.
Oggi al concetto di valenza sono state aggiunte queste definizioni:
- per i composti ionici, la valenza coincide con il valore numerico della carica per lo ione monoatomico;
- per i composti in cui sono presenti legami covalenti, la valenza coincide con il numero di legami covalenti formati.
Il carbonio, tranne alcune eccezioni (es. CO), forma sempre 4 legami.
Rappresentazione delle strutture:
Formula di Lewis: tutti gli elettroni di valenza, di legame o non, sono rappresentati esplicitamente.

Formula di Kekulé: le coppie di legame (legami covalenti) sono rappresentate da trattini. Le coppie non condivise possono essere rappresentate o meno.

Formula condensata: la molecola è scritta come sequenza di atomi di C, ognuno seguito dagli atomi ad esso legati. L’uso delle parentesi può evitare ambiguità (ramificazioni). Il primo C a sinistra può essere preceduto da atomi ad esso legati.

Gruppi uguali legati allo stesso C si mettono tra parentesi e si specifica il numero di ripetizioni. Ovviamente si devono indicare i legami multipli.
Formula semicondensata: non si esplicitano i legami C-H

Formula a linee di legame: i legami C-C si indicano banalmente con un segmento senza scrivere esplicitamente il simbolo atomico. Gli atomi di H legato ai carboni non vengono scritti, ma si deducono dato l’ordine di legame. Si scrivono, invece, gli atomi di H legato ad altri elementi diversi da C. Si indicano i legami del C con atomi diversi da H.
Nel caso di anelli, questa rappresentazione risulta particolarmente utile e chiara

Le formule condensate non vanno bene per scrivere gli anelli in quanto risultano essere poco chiare.
Rappresentazione tridimensionale:
I legami che sono sul piano si indicano con un semplice trattino;
I legami che, dal piano di scrittura, vanno verso l’osservatore si indicano con cunei pieni, partendo dall’atomo che si trova sul piano.
I legami che escono dal piano di scrittura in verso opposto si indicano con un cuneo tratteggiato.
Idrocarburi: composti del carbonio con idrogeno. Sono le molecole di base della chimica organica poiché, oltre ad essere molto numerosi, tutti gli altri composti si possono considerare come derivati da essi per sostituzione di un atomo di idrogeno con un gruppo funzionale.
Nomenclatura:

I nomi partono da una radice che è convenzionale per i primi 4 termini e poi indica esplicitamente il numero di atomi di carbonio presenti, il tutto seguito da un suffisso tipico della famiglia a cui appartengono.

Alcani: idrocarburi alifatici aciclici saturi, quindi solo legami singoli. Il suffisso è “-ano”, la formula generale è
e il carbonio è ibridato
.

Nel caso dei composti ramificati si può usare il prefisso “iso-”
Il prefisso “iso-” si può usare quando si ha una sola ramificazione, data da un solo atomo di carbonio, legato subito dopo una delle due estremità.
Si definisce:
- carbonio primario: atomo di C legato a un solo altro C;
- carbonio secondario: atomo di C legato a due altri C;
- carbonio terziario: atomo di C legato a tre altri C;
- carbonio quaternario: atomo di C legato ad altri quattro C.
Stessa cosa per l’idrogeno.

Alchile: alcano a cui è stato tolto un atomo di H. Il gruppo risultante (che avrà una valenza libera) avrà come suffisso “-ile”.

Nel caso degli alcani più grandi, il numero di possibili gruppi alchilici è maggiore.
Nel caso in cui si perda l’idrogeno nel C secondario si usa il prefisso “iso-”. Se l’idrogeno mancante è secondario o terziario, si userà il prefisso “sec-” e “terz-”.
Alcani ramificati:
Il nome di base è costituito da quello dell’alcano corrispondente alla catena più lunga di atomi di C.
Le catene laterali assumono il nome del gruppo alchilico corrispondente.
La posizione della catene laterali viene indicata banalmente con un numero che precede il nome.
La numerazione parte dall’estremità più vicina alla prima ramificazione.
Quando ci sono diverse ramificazioni, la numerazione deve essere data partendo dall’estremità che permette di dare i numeri più bassi.
Se lo stesso gruppo alchilico è ripetuto più volte, si nomina una sola volta usando un prefisso “moltiplicativo” standard (“di-”, “tri-”, …).

Se sono presenti diversi gruppi alchilici, vanno numerati ed elencati in ordine alfabetico. A parità di numerazione, il numero inferiore spetta al primo gruppo in ordine alfabetico.

Tra alcani si esercitano deboli forze attrattive a livello della superficie, forze di Van der Waals. Al crescere delle dimensioni molecolari, si intensifica la forza di attrazione.
Cracking: processo di rottura della catena carboniosa degli alcani.
Idrogenazione: usando catalizzatori gli alcani vengono saturati (addizione di idrogeno).
Cicloalcani: la formula generale è
. In pratica si parte dal nome dell’alcano corrispondente e si aggiunge il prefisso “ciclo-”, tutti i carboni sono ibridati
e il più piccolo possibile è il ciclopropano.

Se c’è un sostituente (struttura molecolare che va a sostituire uno o più atomi di idrogeno) questo individua la posizione numero 1. Se il sostituente è unico, non è necessario specificare il numero della posizione.

Se ci sono più sostituenti, come nel caso delle catene, si dà la numerazione di modo da minimizzare i numeri usati.

Cicloalchili: si hanno quando l’anello stesso è un sostituente e viene elencato come gli altri in ordine alfabetico.

Alcheni: idrocarburi alifatici aciclici insaturi che hanno carboni ibridati
e quindi un doppio legame carbonio-carbonio. La formula generale è
.
In generale si parla di composti insaturi quando in un idrocarburo ci sono legami
.
L’alchene prende il nome dall’alcano che ha lo stesso numero di atomi di carbonio e si sostituisce il suffisso “-ano” con “-ene”.
Arrivando a 4 atomi, si hanno due possibilità di posizionare il doppio legame e, quindi, due possibili composti con due nomi diversi (isomeri posizionali).
Si utilizza un numero per individuare la posizione del doppio legame e deve essere il più piccolo possibile.

Quando si prendono in considerazione i sostituenti, la scelta della catena principale viene fatta in modo da considerare la catena più lunga di atomi di carbonio che comprende il doppio legame.

La numerazione è guidata dal doppio legame che deve assumere il numero più basso possibile.

Se ad un alchene si toglie un atomo di H, il gruppo risultante prenderà la desinenza “-enile”. In questo caso nel nome la numerazione è guidata dal C da cui è rimosso l’atomo di H.

Anche la nomenclatura IUPAC ad oggi accetta nomi “speciali” per alcuni sostituenti di uso comune.

Nel caso in cui si prenda in considerazione un sostituente bivalente (quindi due valenze sullo stesso atomo di C) il gruppo prende la desinenza “-ilidene”.

Proprietà degli alcheni:
I due atomi di carbonio impegnati nel doppio legame sono detti carboni vinilici, mentre gli atomi di carbonio adiacenti sono detti carboni allilici. Gli aggettivi si usano anche per indicare i gruppi legati ai relativi atomi di carbonio.
Il doppio legame è più forte di un legame semplice e la distanza di legame risulta inferiore


Calori di combustione (o di idrogenazione) degli alcheni ci permettono di stimare la stabilità relativa. Più una molecola è energetica, più è instabile e più elevato è il suo calore di combustione. Si trova così che maggiormente sostituito è un alchene e più stabile esso risulta.
Al contrario gli alcheni, per il fatto di possedere un doppio legame carbonio-carbonio, sono molto reattivi e danno reazioni tipiche di addizione, che portano alla formazione di composti saturi.
Reazione di addizione: il reagente viene semplicemente sommato alla molecola. Gli elettroni
esercitano nel legame un’azione molto minore degli elettroni
e, inoltre, si trovano ad una distanza maggiore dal nucleo. Sono, quindi, meno saldamente legati e perciò più disponibili per un reattivo alla ricerca di elettroni.
Alchini: idrocarburi alifatici aciclici insaturi che hanno un triplo legame carbonio-carbonio e con C ibridati sp. La formula generale è
.
Il nome è equivalente a quello dell’alcano con lo stesso numero di atomi di carbonio, ma il suffisso è “-ino”.
Anche in questo caso è necessario specificare la posizione del triplo legame.

Il triplo legame carbonio-carbonio è formato da un forte legame
, derivante dalla sovrapposizione di due orbitali sp dei due atomi di carbonio e da due deboli legami
, dati dalla parziale sovrapposizione dei quattro orbitali p non ibridati.

Alchini terminali: alchini che presentano il triplo legame alla fine della catena carboniosa.
L’etino (acetilene) e gli alchini terminali sono caratterizzati da una debole acidità. Il carbonio impegnato nel triplo legame si comporta come se fosse più elettronegativo di un carbonio impegnato in un legame semplice o doppio.
In caso di legami doppi e tripli multipli, avremo un diene, un triene o un tetraene.
Idrocarburi insaturi ciclici:
Nel caso di idrocarburi insaturi ciclici, il nome è quello del cicloalcano in cui, però, il suffisso diventa “-ene”, “-diene”, “-triene”, “-ine”, “-diine”, … dipendentemente dal numero di uno, due o tre legami doppi o uno o due legami tripli. Si numera cercando di usare i numeri più bassi possibili.
Eventuali sostituenti si indicano con le regole già viste:

La presenza di due sostituenti (solo due) sull’anello benzenico può facilmente essere indicata usando i prefissi:

Aromaticità: può essere immaginata come l’abbassamento dell’energia dello stato fondamentale della molecola dovuto alla delocalizzazione degli elettroni
nella molecola.
Gli elettroni dei doppi legami si muovono (risuonano) in modo talmente veloce da formare un unico sistema circolare: il sistema aromatico.
I composti aromatici sono stabili, profumati e poco reattivi nonostante gli elettroni
.

La struttura aromatica deve essere una struttura ciclica, “tutti” gli atomi del ciclo devono essere ibridati
e ogni atomo deve avere un orbitale p utile alla formazione del doppio legame (orbitale in cui risuoneranno gli elettroni del sistema aromatico). Il numero di elettroni negli orbitali p deve essere 4n+2, dove n è un numero intero (regola di Huckel).
Isomeria:

Isomero: composto chimico che presenta identica formula grezza (e quindi stessa massa molecolare), ma diverse caratteristiche chimiche e/o fisiche.
Isomeri costituzionali: differiscono per l’ordine con cui sono legati i loro atomi e presentano diversa formula di struttura. Ci sono diversi tipi di isomeria costituzionale:
- isomeria di catena: gli isomeri differiscono per il modo in cui gli atomi sono legati tra loro

- isomeria di posizione: gli isomeri differiscono per la posizione di alcuni gruppi o di legami multipli


- isomeria di gruppo funzionale: gli isomeri presentano stessa formula, ma gruppi funzionali diversi.

Stereoisomeria: gli isomeri presentano la stessa formula, ma diversa disposizione degli atomi. Ci sono due tipi di stereoisomeria:
- isomeria conformazionale: gli isomeri possono convertirsi uno nell’altro per semplice rotazione intorno a un legame

- isomeria configurazionale: si divide in:

Chiralità:
Una molecola chirale è una molecola non sovrapponibile alla sua immagine speculare. La molecola e la sua immagine speculare non sovrapponibile costituiscono una coppia di stereoisomeri detti enantiomeri. Questi hanno, a parità di condizioni, la medesima rotazione specifica, ma di segno opposto: l’enantiomero che produce una rotazione in senso orario viene indicato con il segno (+); l’enantiomero che produce una rotazione in senso antiorario viene indicato con il segno (-).
Miscela racemica: miscela che non può essere separata dai suoi componenti mediante i comuni metodi fisici. Per la separazione si deve prevedere l’uso di specie chirali che interagiscono diversamente con le due molecole di differente chiralità.
Alogenuri alchilici: derivati degli alcani in cui uno o più atomi di H sono sostituiti da un alogeno (F, Cl, Br, I).

Alogeno derivati insaturi:
In questo caso, l’alogeno è legato a un C ibridato
e sono poco reattivi.
Il legame C-alogeno è qualcosa di diverso rispetto a un legame singolo.

Tioli: derivati degli idrocarburi per sostituzione di un atomo di H con un gruppo solfidrico -SH.
Alcoli: derivati degli idrocarburi per sostituzione di un atomo di H con un gruppo idrossido (ossidrile) -OH. Il nome prende la desinenza “-olo”
Dioli: alcoli in cui ci sono due gruppi -OH.
Alcune caratteristiche degli alcoli:
I più leggeri sono liquidi a temperatura ambiente, incolori, con odori caratteristici e miscibili con l’acqua (in genere sono miscibili i composti che hanno fino a 4 atomi di carbonio per ogni atomo di ossigeno nella loro struttura).
La miscibilità in acqua, nonché elevato punto di ebollizione rispetto ad altre molecole organiche simili di dimensioni e strutture, è spiegato tramite la formazione di legami a idrogeno tra l’idrogeno del gruppo -OH e l'ossigeno delle molecole vicine.
Gli alcoli possono andare incontro a reazioni di ossidazione per formare nuovi composti chimici, a seconda della propria natura.
Si classificano in:
- alcoli primari: vengono ossidati ad aldeidi che a loro volta possono essere ancora ossidate per generare acidi carbossilici;
- alcoli secondari: vengono ossidati in chetoni (i quali non possono essere ossidati successivamente);
- alcoli terziari: non possono essere ossidati.
Tutti i processi di ossidazione sono reversibili tramite una riduzione del prodotto.

Gli alcoli sono acidi deboli che si dissociano formando un alcossido
ma, in assenza di un gruppo elettronattrattore che lo stabilizza, sono appunto acidi deboli.
I gruppi alchilici, invece, hanno l’effetto opposto (ovvero elettrondonatore) e quindi destabilizzano l’anione alcolato e diminuiscono l’acidità.

Fenoli: il gruppo idrossido è legato a un anello aromatico. Sono acidi più forti perché l’anione che si forma è stabilizzato dalla risonanza (la carica negativa viene distribuita su tutto l’anello).

Eteri: composti in cui è presente il gruppo etere e quindi C-O-C in cui l’atomo di O è legato a due C ibridati
. Anche O è ibridato
e ciò dà luogo ad una geometria piegata che alla differente elettronegatività tra O e C, genera strutture con momento di dipolo non nullo.
Sono sostanze poco reattive, quindi prestano ad essere utilizzate come solventi in molte reazioni. Hanno temperature di ebollizione basse, paragonabile a quelle degli alcani. Non presentano ossidrili e non formano legami a idrogeno intermolecolari. A differenza degli alcani, hanno solubilità in acqua (e alcoli) paragonabile a quella degli alcoli. L’ossigeno, con i doppietti elettronici, permette agli eteri di formare legami a idrogeno con le molecole d’acqua.
La presenza di questi doppietti permette agli eteri di comportarsi come basi di Lewis (donatori di doppietti).
Aldeidi e chetoni: composti in cui è presente il gruppo carbonilico C=O in cui l’atomo di O è legato con un doppio legame a un C ibridato
.
Negli aldeidi, il gruppo C=O è legato ad R (idrocarburo alifatico o aromatico) e un H. La radice del nome si deve alla catena più lunga contenente il gruppo C=O, la desinenza è “-ale”. Derivano dall’ossidazione di alcoli primari e possono essere ossidate per dare un acido carbossilico.
Nei chetoni, il gruppo C=O è legato a due R. La radice del nome si deve alla catena più lunga contenente il gruppo C=O, la desinenza e “-one”. Derivano dall’ossidazione di alcoli secondari.
Aldeidi e chetoni, proprio a causa del carbonio ibridato
e quindi del doppio legame abbastanza esposto sono altamente reattivi, in particolare rispetto a reazioni di addizione nucleofila.
Il meccanismo generale dell’addizione nucleofila può essere schematizzato:

Il carbonio adiacente al carbonile è detto
, il successivo
e così via. Anche gli H vengono indicati allo stesso modo a seconda del C a cui sono legati.
Tautomeria: particolare forma di isomeria tra composti organici.
Il gruppo carbonilico agisce come elettronattrattore quindi, sottraendo elettroni al C in
, contribuisce a dare agli H in
una tendenza acida. Questo gioca un ruolo importante nella tautomeria cheto-enolica (questi carboni cedono facilmente gli atomi di H a loro legati).
Il termine “enolo” deriva dal fatto che il composto che si forma presenta sia un doppio legame carbonio carbonio (“en-”) sia una funzione alcolica (“-olo”).
Acidi carbossilici: composti acidi caratterizzati dal gruppo funzionale carbossile -COOH.
L’ibridazione
e la conseguente planarità permette a una coppia solitaria di elettroni dell’ossigeno ossidrilico di delocalizzarsi tramite sovrapposizione con il sistema
del gruppo carbonilico.
Il gruppo carbonilico è polare. Possono formare legami a idrogeno sia ricevendo sia donando.
I più leggeri tra gli acidi carbossilici, fino a 3 atomi di carbonio, sono solubili in acqua, i successivi hanno un alto punto di ebollizione.
Sono la classe più acida di composti tra quelli contenenti solo C, H e O. Sono più acidi degli alcoli, ma rimangono degli acidi deboli. In soluzione acquosa si dissociano in un anione carbossilato (RCOO) e
.
La maggiore acidità di un acido carbossilico rispetto ad un alcol è legata al fatto che l’anione carbossilato è più stabile dell’anione alcossido.
La maggiore stabilità dell’anione carbossilato è spiegabile grazie all’effetto induttivo e di risonanza.
Effetto induttivo: il gruppo carbonile è un gruppo elettronattrattore e quindi è in grado di attirare e disperdere la carica negativa presente sull’ossigeno dell’anione carbossilato, stabilizzandola.
Effetto di risonanza: sovrapposizione dell’orbitale p dell’ossigeno che porta la carica negativa con il legame
del gruppo carbonilico. Come conseguenza della risonanza, la carica negativa è dispersa e portata equamente dai due atomi di ossigeno.

I gruppi alchilici (
) sono debolmente elettronrepulsori e quindi, accentuando la carica del gruppo carbossilato, lo rendono più instabile, diminuendo l’acidità dell’acido da cui deriva.
Tutti gli acidi carbossilici non sostituiti presentano una costante di dissociazione acida dello stesso ordine di grandezza dell’acido acetico indipendentemente dalla lunghezza della catena carboniosa.
I sostituenti elettronattrattori aumentano l’acidità degli acidi carbossilici. Attirando elettroni, disperdono la carica negativa del gruppo carbossilato stabilizzandolo.
Gli acidi carbossilici vengono facilmente salificati usando una base forte.
I sali degli acidi carbossilici sono composti ionici e, se il loro peso molecolare non è troppo elevato, sono solubili in acqua. In particolare, il comportamento in soluzione dei sali degli acidi carbossilici con 12-18 atomi di carbonio, è particolare ed è alla base dei saponi.
Acidi grassi: acidi monocarbossilici alifatici derivati o contenuti in forma esterificata in un grasso vegetale o animale, olio o cera.
La nomenclatura degli acidi carbossilici usa la desinenza “-oico” e la radice della catena più lunga contenente il gruppo carbossilico. I composti con due gruppi carbossilici prendono la desinenza “-dioico” (o “-dicarbossilico”).

Ammine: possono essere considerate dei derivati organici dell’ammoniaca (
) dove uno o più atomi di H sono sostituiti da gruppi alchilici. Vengono definite primarie, secondarie e terziarie a seconda di quanti atomi di H sono stati sostituiti.

Le ammine si dividono in:
- alifatiche/alchilammine: azoto legato solo a residui alifatici ed eventualmente ad atomi di idrogeno;
- aromatiche/arilammine: azoto legato almeno ad un sostituente aromatico;
- eterocicliche: azoto fa parte di un ciclo alifatico o aromatico;
- poliammine: molecole che contengono due o più gruppi amminici.
La struttura delle ammine è molto simile a quella dell’ammoniaca. C’è un atomo di N ibridato
con il doppietto elettronico solitario.
Le ammine terziarie (aventi tre sostituenti diversi) hanno un centro chirale costituito dall’azoto.
Le ammine, a causa della differenza di elettronegatività tra N e C. sono polari e questo influenza le temperature di ebollizione e la solubilità in acqua.
Le ammine secondario sono leggermente più basiche di quelle primarie, mentre per le terziarie c’è un’inversione di tendenza a causa dell’effetto scudo dei 3 sostituenti, il cui ingombro sterico diminuisce anche l’effetto di solvatazione dell’acqua sullo ione alchilammonio, rendendolo meno stabile.
Struttura cristallina e amorfa:
Ordine a breve raggio (SRO: Short Ray Order): si ha se la disposizione ordinata degli atomi si estende solo agli atomi più vicini. È tipico della struttura amorfa.
Ordine a lungo raggio (LRO: Long Ray Order): si ha se la disposizione ordinata degli atomi si ripete periodicamente in tutto il materiale. È tipico della struttura cristallina.
Gli atomi si assemblano in modo ordinato nei solidi perché questo porta ad una minimizzazione dell’energia.
Sfere rigide:
Per discutere le strutture cristalline è utile considerare gli atomi come sfere rigide con raggi ben definiti. In questo modello di sfera rigida, la distanza più breve tra due atomi simili è il diametro di una sfera.
Possiamo anche considerare la struttura cristallina come un reticolo di punti posizionati nei centri degli atomi / sfere.


Cella unitaria: la più piccola unità ordinata ripetitiva in grado di generare la struttura di un materiale solido cristallino.
Le proprietà dei solidi dipendono dalla struttura cristallina e dalla forza di legame.

La cella è caratterizzata dalle costanti reticolari:
- tre lunghezze a, b, c;
- tre angoli
.
Per individuare e caratterizzare la cella unitaria nel reticolo cristallino occorre individuare gli elementi di simmetria.
Elementi di simmetria macroscopica: elementi di geometria concettuale (piani, rette, punti) che, attraverso operazioni di simmetria, possono essere portati da una posizione iniziale ad una finale indistinguibile dalla precedente.
La cella unitaria viene scelta di modo che le costanti reticolari siano le più piccole possibile. I vettori che determinano a, b e c sono scelti paralleli agli elementi di simmetria. Questo determina 7 possibili situazioni ripetitive di base:
Dati i 7 sistemi cristallini, si possono ottenere 14 possibili reticoli tridimensionali. Ognuno dei sistemi cristallini può essere presente con strutture diverse dai vertici:
- celle primitive: senza elementi del reticolo in posizioni diverse dai vertici;
- celle a corpo centrato: con un elemento del reticolo al centro della cella;
- celle a facce centrate: con elementi del reticolo al centro di ogni faccia;
- celle a basi centrate: con un elemento del reticolo al centro delle basi.
Le celle si definiscono usando 3 vettori non complanari (lunghezza ed angoli).
14 reticoli tridimensionali di Bravais:
La lunghezza dei lati a, b, c, così come gli angoli α, β, γ, sono chiamati parametri del reticolo o costanti cristallografiche e possono avere valori differenti da struttura a struttura, determinando, di conseguenza, una forma diversa della cella unitaria. Per questo motivo essa descrive la simmetria del cristallo. Esistono, tuttavia, soltanto sette forme diverse di celle unitarie capaci di riempire completamente lo spazio tridimensionale: i sette sistemi cristallini.

Quale criterio sulla base del quale un dato composto chimico cristallizza in una struttura piuttosto che in un’altra:
- solidi ionici: le strutture più favorevoli sono quelle che permettono la massima vicinanza ed interazione elettrostatica di tipo attrattivo tra anioni e cationi, e contemporaneamente massima distanza anione-anione e catione-catione per ridurre la repulsione elettrostatica;
- atomi neutri (metalli): in generale il criterio è quello del massimo impaccamento: un sistema quindi tende a cristallizzare nella struttura che lascia la minima percentuale di spazio vuoto.
Tra i 14 reticoli di Bravais infatti ce ne sono tre che sono i più frequentemente riscontrati nei sistemi reali, in particolare nei metalli, e sono:
- cubica a facce centrate;
- cubica a corpo centrato;
- esagonale.
Nella pratica però si possono osservare strutture cristalline diverse per lo stesso elemento o composto chimico a seguito delle diverse condizioni di preparazione.
Polimorfismo: quando il sistema chimico presenta morfologie diverse e che presentano proprietà fisiche differenti;
Isomorfismo: sostanze diverse possono esistere sotto forme di cristalli simili: poiché le due forme isomorfe hanno parametri reticolari simili, possono formare cristalli misti o soluzioni solide;
Allotropia: elementi chimici per i quali nelle diverse forme sono presenti legami di tipo diverso (grafite e diamante).
Fattore di Compattamento Atomico (FCA):

Strutture cristalline metalliche:
Il 90% dei metalli solidifica secondo tre principali reticoli:
1. reticolo Cubico a Corpo Centrato (CCC): un atomo in ogni spigolo del cubo e uno al centro. Il numero di coordinazione è 8, ovvero ogni atomo ne ha 8 vicini.
Ogni cella unitaria ha 1 atomo al centro più 1/8 di atomo ad ogni spigolo del cubo.
Il rapporto tra costante reticolare e raggio è: 
Il FCA per questo reticolo è 0.68, ovvero il 68% del volume della cella è occupato da atomi.
2. reticolo Cubico a Facce Centrate (CFC): un atomo per ogni spigolo del cubo e uno al centro di ogni faccia. Il numero di coordinazione è 12, ovvero ogni atomo ne ha 12 vicini. Essi sono in contatto tra loro lungo la diagonale della faccia del cubo.
Il FCA per questo reticolo è 0.74, ovvero il 74% del volume della cella è occupato da atomi.
3. reticolo Esagonale Compatto (EC): un atomo in ogni vertice del prisma esagonale, 12 vertici, più 2 atomi sulle facce superiori e inferiori e 3 all’interno.
Il FCA è 0.74, quindi il 74% del volume della cella è occupato da atomi.
Sono appunto le più compatte poiché c’è maggior rilascio di energia nella formazione.
Teorema di Pitagora nel Cubo
- lato del cubo: a
- diagonale di una faccia del cubo: d = (√2)·a
- diagonale del cubo: D = (√3)·a
Cella elementare cubica:
Nei reticoli di Bravais si evidenziano pertanto, oltre ai vertici, alcune posizioni di rilievo (al centro di basi, facce o della cella stessa) e data l’anisotropia delle proprietà in un sistema cristallino, tali posizioni devono essere univocamente identificate considerando un vertice della cella come l’origine di una terna di assi cartesiana.
Per identificare le posizioni degli atomi all'interno di una cella elementare si utilizza un sistema basato sui tre assi ortogonali x, y, z. Assumendo convenzionalmente che:
- Asse x positiva se uscente dal piano
- Asse y positiva se rivolta verso destra
- Asse z positiva se rivolta verso l’alto
Si assumo unitarie le coordinate corrispondenti agli angoli che si trovano negli spigoli della cella elementare.
Nei cristalli spesso è importante poter indicare le direzioni:
Nei cristalli cubici, gli indici di direzione sono componenti di vettori di direzione scomposti lungo ciascun asse, risolti ai minori interi.
Gli indici di direzione sono coordinate di posizione di cella unitaria dove il vettore [xyz] di direzione è convertito ad interi.

Famiglie di direzioni:
Causa la simmetria dei reticoli, esistono direzioni equivalenti (indistinguibili) dal punto di vista cristallografico. Ad esempio le diagonali delle facce sono tutte uguali in un cubo ma non in un parallelepipedo:

Per indicare una una famiglia di direzioni utilizziamo una notazione particolare:

Di grande importanza è anche identificare in modo inequivocabile una faccia, che definisce nel cristallo una famiglia di piani paralleli tra loro. Uno dei metodi più usati consiste nell’individuare gli indici di Miller vale a dire una terna di numeri che identificano il piano (o meglio un fascio di piani paralleli).
Gli indici di Miller sono utilizzati per riferirsi a piani di atomi di uno specifico reticolo cristallino Indici di Miller = sono i reciproci delle frazioni delle intercette del piano con gli assi cristallografici x, y, z dei tre spigoli non paralleli della cella cubica unitaria.
Lo spazio interplanare tra piani paralleli vicini con gli stessi indici di Miller sono indicati con dkhl, e la distanza fra di essi è data da:

Si usano quattro indici (hkil), detti indici Miller-Bravais Sono utilizzati quattro assi (
,
,
e c)
I reciproci dell’intercetta che un piano cristallino ha con gli assi
,
,
e c danno, rispettivamente, gli indici h, k, i e l.

Utilizzando il modello a sfere rigide per descrivere la struttura cristallina di una cella elementare di un metallo e utilizzando i valori di raggio atomico ottenuti mediante diffrazione dei raggi X, è possibile definire il valore della densità
Valori inferiori della densità sperimentale rispetto a quella teorica potrebbe essere attribuita all’assenza di atomi in alcuni siti atomici (vacanze), a difetti.


Monocristallo: si ha se in un solido cristallino gli atomi sono perfettamente ordinati secondo una ripetizione periodica per tutto il solido senza interruzione.
Se le estremità di un monocristallo possono crescere senza vincoli esterni, il cristallo assume forma geometrica regolare con facce piane e con forma indicativa della struttura cristallina.
Grani: le più piccole unità dei solidi cristallini.
Inizialmente si formano piccoli cristalli (grani) in posizioni diverse, con orientazioni casuali. I grani crescono e quando il processo si avvicina al termine, le estremità dei grani adiacenti si urtano.
Bordi di grano: le regioni di contatto dei grani.
Nel caso dei materiali policristallini, le orientazioni cristallografiche dei vari grani sono casuali quindi, anche se il singolo grano è anisotropo, l'aggregato diventa isotropo. I valori di una proprietà lungo le tre direzioni sarà un valore medio.
Grana: si dice di un materiale in cui i grani assumono un orientazione preferenziale.
Ci sono due principali meccanismi di nucleazione: omogenea ed eterogenea.
Nucleazione omogenea:
- il metallo stesso fornirà atomi per formare nuclei;
- il metallo, quando sottoraffreddato in modo significativo, ha molti atomi che si muovono lentamente che si legano tra loro per formare i nuclei;
- gruppo di atomi al di sotto della dimensione critica è detto embrione;
- se i gruppi di atomi raggiungono la dimensione critica, crescono nei cristalli. Gli altri si dissolvono;
- i gruppi di atomi di dimensione maggiore alla dimensione critica sono chiamati nuclei.
La dimensione critica è il risultato dell’equilibrio tra energia libera di volume (negativa dovuta al passaggio solido liquido a T basse) e di superficie (che si oppone alla formazione di nuclei ed embrioni).
Maggiore il grado di sottoraffreddamento, maggiore è la variazione dell’energia libera di volume ΔGV
ΔGS non varia significativamente
Quando la quantità di sottoraffreddamento ΔT aumenta, la dimensione critica del nucleo diminuisce
Il raggio critico è correlato al sottoraffreddamento secondo la relazione:
Nucleazione eterogenea:
- avviene in un liquido sulla superficie del materiale strutturale;
- queste strutture, dette agenti nucleanti, abbassano l’energia libera richiesta per formare nuclei stabili;
- gli agenti nucleanti abbassano anche la dimensione critica;
- per la solidificazione è richiesto un minore sottoraffreddamento.
Il numero di siti di nucleazione che si creano in un metallo che solidifica influenzerà la struttura dei grani del metallo solido, infatti:
- per pochi siti di nucleazione, si formerà una struttura grossolana, a grani grossi;
- per molti siti di nucleazione, si formerà una struttura a grani fini.
Quasi tutti i metalli e le leghe di interesse tecnologico sono fatte solidificare in modo da ottenere una struttura a grani fini > questo tipo di struttura determina migliori proprietà di resistenza meccanica e di uniformità dei prodotti finiti.
Per ottenere getti con dimensione dei grani “fine”, vengono aggiunti degli affinatori di grano al metalli liquido.
Le dimensioni del grano influenza le proprietà meccaniche del materiale:
- minore è la dimensione di grano, maggiori sono i bordi di grano;
- maggiori bordi di grano significa
- maggiore resistenza allo scorrimento (la deformazione plastica è dovuta allo scorrimento);
- più grani significa proprietà meccaniche più uniformi.
Policristallini: materiali costituiti da più cristalli.
Alle alte temperature (circa al di sopra della metà della temperatura assoluta di fusione) i bordi di grano diventano più deboli dei cuori dei grani. Abbiamo che:
- per ottenere strutture monocristalline, la solidificazione deve avvenire attorno a un singolo nucleo;
- per favorire ciò la temperatura di interfaccia tra solido e liquido deve essere solo leggermente più bassa del punto di fusione del solido.
Lega: è una miscela di due o più elementi metalli e non metalli.
Soluzione solida = è un tipo semplice di lega nella quale gli elementi sono dispersi in una singola fase.
Le soluzioni solide si dividono in: sostituzionali e interstiziali.
Soluzioni solide sostituzionali
In esse:
- gli atomi di soluto sostituiscono atomi di solvente in un reticolo cristallino;
- la struttura rimane invariata;
- il reticolo cristallino può essere leggermente distorto per la variazione di diametro degli atomi.
Nelle soluzioni solide sostituzionali la solubilità è favorita da alcuni fattori:
- Il diametro degli atomi non differisce più del 15%, altrimenti si verifica una distorsione eccessiva del reticolo;
- Le strutture cristalline sono simili, ovviamente se i due solidi hanno stessa struttura cristallina è favorita un’ampia solubilità;
- Non c’è grande differenza nella elettronegatività in modo che non si formino composti (non si abbia quindi una reazione con passaggio di elettroni);
- Gli elementi hanno la stessa valenza, una diversità nella struttura elettronica altera inevitabilmente la formazione del legame tra soluto e solvente.
In esse:
- Gli atomi del soluto in questo caso si inseriscono negli spazi vuoti del reticolo del solvente;
- In questo caso il soluto deve avere un raggio più piccolo per poter riempire, appunto, gli spazi vuoti (interstizi).
Nella realtà i cristalli presentano una grande quantità di difetti che determinano modifiche nelle proprietà meccaniche, ottiche, elettriche e chimiche dei solidi. I difetti possono essere classificati come: difetti di punto/zero dimensioni, difetti a una dimensione o difetti di linea e difetti a due dimensioni o difetti di superficie.
Difetti di punto
- La vacanza è formata dall’assenza di un atomo;
- La vacanza si forma durante la cristallizzazione o a causa della mobilità degli atomi;
- L’energia di formazione è 1 ev;
- Sono dovute anche a deformazione plastica, al raffreddamento rapido o al bombardamento di particelle.

Formati dall’inserimento di semipiani di atomi extra.
Dislocazioni: si creano durante la solidificazione di solidi cristallini; dislocazioni sono anche formate dalla deformazione plastica dei solidi cristallini, dall’addensamento di vacanze e dal disadattamento atomico nelle soluzioni solide. Le dislocazioni possono essere:
- dislocazione a spigolo positiva: indicata da una “T invertita”, ⊥;
- dislocazione a spigolo negativa: indicata da una “T diritta”, T.
La distanza di scostamento degli atomi attorno alla dislocazione è detta vettore di Burgers b (serve a caratterizzare l'orientazione e l'intensità di una dislocazione) ed è perpendicolare alla linea della dislocazione.

Nel caso della dislocazione a spigolo si osserva che i legami di alcuni piani cristallini vengono compressi e altri vengono posti in tensione, con una notevole influenza sulle proprietà meccaniche del materiale, poiché una forza applicata in direzione corretta può determinare lo scorrimento della dislocazione

Vi è un terzo tipo di dislocazione, la dislocazione a vite.
Dislocazione a vite: formata dagli sforzi di taglio applicati su regioni di un cristallo perfetto separato da un piano di taglio. In essa il vettore di Burgers è parallelo alla linea di dislocazione.

I difetti planari comprendono:
- le superfici esterne;
- i bordi di grano;
- torsioni o difetti di impilamento.
La superficie libera o esterna di ogni materiale è il tipo più comune di difetto planare.
Gli atomi superficiali hanno un numero minore di atomi vicini. Questo rende la superficie suscettibile all’erosione ed alla reazione con elementi nell’ambiente.
Diffusione atomica:
Nei solidi i movimenti atomici sono molto molto lenti, a causa dei legami che tendono a mantenerli nelle posizioni di equilibrio. Infatti:
- in un solido le vibrazioni degli atomi possono essere viste anche come imperfezioni.
- la velocità delle vibrazione è in buona sostanza una misura della temperatura.
Ci sono diversi tipi di diffusione
- interdiffusione: gli atomi di un metallo si diffondono in un altro;
- autodiffusione: la diffusione si verifica anche per i metalli puri, ma tutti gli atomi che si scambiano le posizioni sono dello stesso tipo;
- per vacanza o sostituzionale: es: se l’atomo ‘A’ ha sufficiente energia di attivazione, si muove nella vacanza. Ovviamente c’è bisogno che siano presenti vacanze > il numero delle vacanze presenti è funzione della temperatura. Ovviamente tale meccanismo e’ influenzato anche dalla differenza delle dimensioni atomiche e dalle differenti energie di legame.
- interstiziale: gli atomi si muovono da un sito interstiziale ad un altro > gli atomi che si muovono devono essere più piccoli degli atomi della matrice.
Non c’è variazione nella concentrazione di atomi di soluto a differenti piani in un sistema, in un periodo di tempo. Non avviene nessuna reazione chimica. Solo flusso netto di atomi
Diffusione di un gas attraverso un lamierino metallico > ai due lati del lamierino la pressione è mantenuta costante.
La concentrazione di atomi di soluto in ogni punto del metallo varia con il tempo.
Regola di Gibbs: F + V = C + N
F = numero di fasi che coesistono in un sistema
V = gradi di libertà (numero di variabili: pressione, temperatura e composizione) che posso cambiare senza variare il numero delle fasi in equilibrio. Oppure il numero di variabili che devo specificare per definire completamente il sistema
C = numero di componenti (un elemento, un composto o una soluzione del sistema)
N = il numero delle variabili non di composizione (temperatura e pressione)
Curve di raffreddamento, usate per determinare le temperature di transizione di fase Valori di tempo e temperatura del metallo fuso che raffredda.
La curva di raffreddamento può fornire informazioni riguardanti la trasformazione di fase allo stato solido nei metalli.
Le leghe solidificano in un intervallo di temperature (senza arresto termico).
T di solidificazione di una lega: temperatura a cui il processo di solidificazione è completo.
Lega binaria isomorfa: si ha se i due elementi sono completamente solubili, quindi esiste una sola struttura cristallina (pressione esterna costante ad 1 atm). Gli elementi devono essere simili chimicamente e fisicamente.
Interpretazione del diagramma: composizione delle fasi
Si traccia la linea parallela all’asse X nel punto considerato;
Si vedono le intersezioni con la linea liquidus e solidus;
Si tracciano due linee parallele all’asse delle Y e si leggono le composizioni di fase alfa e liquida.

Determinazione della quantità di fasi presenti (Regola della LEVA)
Graficamente si procede come visto sopra, poi si mette a sistema il bilancio di materia con il rapporto dei due bracci della leva;
La frazione di una fase è data dal rapporto fra la lunghezza della linea dal punto scelto verso l'altra fase, e la lunghezza complessiva del segmento che separa le due fasi.
Se identifichiamo con WL e WS la frazione della fase liquida e solida:


Raffreddamento di non-equilibrio di leghe isomorfe: il risultato complessivo è l’ottenimento di una fase solida con una distribuzione non uniforme delle percentuali in peso dei due elementi (fenomeno detto segregazione). Al centro avremo una percentuale maggiore dell’elemento più altofondente. Compromesse caratteristiche meccaniche.
Leghe binarie eutettiche: Sistema Pb-Sn
fase solida (Sn)
fase solida (Pb)
3 regioni bifasiche:
,
, 
327°C = T fusione Pb puro
232°C = T fusione Sn puro
61,9°C = punto eutettico (permette di individuare a quale T più bassa può esistere la fase L)
In caso di lega 40%Sn e 60%Pb a 150°C:
Si ha una zona bifasica con
(10%Sn e 90%Pb) e
(2%Pb e 98%Sn)


In caso di lega 40%Sn e 60%Pb in raffreddamento:
- A circa 150°C si forma il primo solido proeutettico/primario;
- Alla temperatura eutettica si ha una trasformazione a temperatura costante;
- A temperature inferiori, la fase
si arricchisce di Pb e la fase
di Sn. Difficilmente si raggiunge l’equilibrio a causa della diffusione lenta con conseguente permanenza di parti di alfa primaria.
Polimeri: macromolecole formate da “meri” ripetuti. Sono lunghe catene, derivanti dagli idrocarburi, flessibili
La reazione di polimerizzazione si può fermare in due modalità:
- quando due catene di lunghezza diversa si uniscono

- quando si forma un doppio legame
Polimerizzazione per condensazione:
- si forma mediante reazioni chimiche intermolecolari;
- in questo caso si ottengono prodotti secondari come acqua che devono essere eliminati (tempi richiesti piu’ lunghi);
- si possono ottenere in questo modo legami incrociati e reticolari.
Omopolimero: se fatto da una solo tipo di unità monomerica
Copolimeri: se dato dalla combinazione di più unità monomeriche. Si usano per cercare di unire le caratteristiche di polimeri differenti.
Monomeri bifunzionali: unità monomeriche che possono formare due legami covalenti, e quindi catene lineari
Monomeri trifunzionali: unità monomeriche che formano strutture polimeriche a rete tridimensionale Ovviamente non tutte le catene sono della stessa lunghezza, e quindi si avrà una distribuzione di pesi molecolari che possono essere misurati con la pressione osmotica.

xi = frazione del numero totale di catene nell’intervallo dato
Mi = peso molecolare medio nell’intervallo i-esimo.
Grado di polimerizzazione n: numero medio di unità monomeriche di una data catena
Ovviamente lo stato (solido, liquido) dipende dalla dimensione dei polimeri. > 10000 g/mol sono solidi.
Le proprietà fisiche e meccaniche dei polimeri dipendono dalla possibilità che hanno di, ad esempio, allungarsi quando vengono applicate forze. Allo stesso modo la possibilità di rotazione intorno ai legami singoli, che può essere modulata introducendo legami doppi.
Polimeri lineari: unità monomeriche legati uno di seguito all’altro, fra le varie catene agiscono forze di van der Waals, polietilene, cloruro di polivinile, poliestere, nylon.
Polimeri ramificati: dalla catena si dipanano ramificazioni laterali, A causa della ramificazione si riduce la possibilità di impaccamento e quindi diminuisce la densità (si può partire dagli stessi polimeri lineari per poi ramificarli).
Polimeri a legami incrociati: catene lineari adiacenti unite da legami covalenti, ottenuti spesso grazie all’inserimento di altri atomi (nelle gomme questa caratteristica si chiama vulcanizzazione).
Polimeri reticolari: formati da unità monomeriche con tre legami covalenti attivi (ad esempio fenolo-formaldeide).
I polimeri possono esistere anche allo stato cristallino ( dato da un impaccamento delle catene).
In generale presentano configurazioni miste, con regioni cristalline disperse all’interno di una massa amorfa. In generale il grado di cristallinità di un polimero può variare da zero fino a frazioni dell’ordine di oltre il 95% (ovviamente la densità è una misura del suddetto grado , la parte cristallina è più compatta).
In generale la tendenza o meno a dare strutture cristalline e’ funzione, ancora una volta, delle caratteristiche strutturali:
- Polimeri lineari hanno una tendenza maggiore a dare alti gradi di cristallinità;
- Polimeri ramificati hanno generalmente un basso grado di cristallinità;
- Copolimeri tanto sono più irregolari e casuali e tanto meno hanno tendenza a cristallizzare;
- I polimeri cristallini sono generalmente più forti e resistenti alla temperatura;
- Generalmente si può evitare la cristallizzazione raffreddando velocemente , al contrario un lento raffreddamento la favorisce.
Materiali ceramici: composti fra elementi metallici e non metallici. Tipicamente isolanti rispetto al passaggio di elettricità e calore. Resistenti più dei polimeri ad elevate temperature e ambienti severi. Meccanicamente duri, ma molto fragili a causa di microcricche imperfezioni e porosità a dispetto delle forze di legame generalmente grandi. Composti generalmente da almeno due elementi e quindi hanno strutture più complesse dei metalli e un legame che passa dal puramente ionico al completamente covalente.
I meccanismi di degrado dei materiali possiamo classificarli:
- Metalli: perdita delle caratteristiche meccaniche del materiale per dissoluzione (corrosione) o a causa della formazione di un film non metallico (ossidazione);
- Ceramici: in ambienti estremi si ha perdita delle proprietà per corrosione;
- Polimeri: si parla in generale di degrado per dissoluzione in liquidi o assorbimento di solventi che porta al rigonfiamento o radiazioni elettromagnetiche o calore possono modificare la struttura molecolare.
Corrosione dei metalli: processo solitamente elettrochimico in cui il metallo viene ossidato (reazione anodica).
Velocità di penetrazione di corrosione (VPC):

costante
peso perso dopo un tempo t
densità
area del campione esposto
tempo
Passivazione: processo elettrochimico che protegge metalli e leghe dalla corrosione. È dovuto alla formazione di uno strato superficiale di ossido sopra la superficie del metallo o della lega in questione.
Al contrario altri meccanismi, si pensi alla temperatura o alle concentrazioni, possono incidere sulla velocità della reazione di ossidazione.
Corrosione galvanica: si verifica quando due metalli o leghe diverse sono collegati elettricamente mentre sono esposti ad un elettrolita. Il meno nobile dei due metalli si corroderà.
Corrosione per aerazione differenziale: zone a differente concentrazione di ossigeno (pila a concentrazione).
La velocità della corrosione dipende dal rapporto di area catodo/anodo (a parità di catodo l'anodo più piccolo si corrode più rapidamente a causa di una maggiore densità di corrente, cioè corrente per unità di superficie)
I materiali ceramici, essendo costituiti da metalli e non metalli, sono materiali che hanno già subito la corrosione:
- gli elementi costituenti sono chimicamente nel loro stato di ossidazione ottimale;
- di fatto i materiali ceramici si usano spesso come rivestimenti protettivi.
- con vernici, smalti o materiale plastico. Proteggono il metallo ma, nei punti di rottura del film, si accentua il processo di corrosione per aerazione differenziale;
- con altro metallo.
Protezione catodica: si realizza in una cella in cui il metallo meno nobile si ossida (anodo sacrificale).
Degrado dei polimeri:
Rigonfiamento e dissoluzione: se vengono a contatto con liquidi le piccole molecole possono diffondersi all'interno della struttura dei polimeri. Ciò:
- altera ovviamente l’interazione fra le macromolecole del polimero;
- il risultato è il rigonfiamento e quindi la perdita delle proprietà meccaniche originali;
- i processi di base sono gli stessi visti nel caso delle soluzioni, quindi in generale maggiore è la somiglianza fra molecole polimeriche e solvente e maggiore sarà il degrado.
Rottura dei legami: degrado dovuto alla scissione dei legami e quindi alla riduzione del peso molecolare. La rottura dei legami dipende da:
- radiazioni: hanno sufficiente energia per ionizzare questo può portare a rotture di legami o reticolazioni (quindi conseguenze non tutte necessariamente negative);
- effetti termici: rottura legami ad alte T.
Teoria delle bande:
Quando gli atomi sono avvicinati, gli orbitali degli elettroni più esterni cominciano a sovrapporsi. I livelli della shell più esterna risultano sensibilmente alterati dalla presenza di atomi vicini.
Le proprietà elettriche di un solido cristallino dipendono dalle peculiari caratteristiche della struttura a bande e dal numero di elettroni presenti nella banda di valenza:
- se la banda di valenza è parzialmente occupata, in modo che vi sono livelli superiori disponibili per gli elettroni nella stessa banda, il solido è un conduttore;
- se la banda di valenza è completamente occupata, il solido può essere un semiconduttore o un isolante, a seconda dell’ampiezza del gap energetico che separa la banda di valenza dalla banda di conduzione.
Conduttori:
Considerando un cristallo con atomi aventi 1 elettrone di valenza:
Ci saranno N atomi e N elettroni. A bassa temperatura questi occupano i primi N/2 stati della banda di valenza. L’energia di Fermi cade a metà della banda e si avranno molti livelli ad energia vicina all’energia di Fermi.
Isolanti:
A 0 K la banda di valenza è completamente occupata e quella di conduzione è completamente vuota.
Semiconduttori:
Quando nei semiconduttori un elettrone viene eccitato termicamente nella banda di conduzione, lascia uno stato elettronico vuoto nella banda di valenza, ovvero lascia una lacuna. Essa possiede proprietà elettriche proprie e, in presenza di un campo elettrico, esibisce un comportamento analogo a quello di una carica positiva.
Drogaggio: introduzione all’interno del reticolo cristallino del semiconduttore di atomi di altri elementi (impurezze). Esso porta a far crescere il numero di elettroni di conduzione o quello delle lacune.
Il drogaggio ha l’effetto alterare la struttura delle bande, introducendo livelli di energia localizzati che si trovano tra la banda di valenza e quella di conduzione.
Polarizzazione elettronica: può essere indotta su tutti gli atomi, dipende dallo spostamento del baricentro della nube elettronica in seguito all’applicazione di un campo elettrico.
Polarizzazione ionica: può essere indotta solo nei materiali ionici ed è causata dallo spostamento di cationi e anioni in risposta al campo elettrico applicato.
Polarizzazione di orientamento: può essere indotta solo nei materiali che possiedono un momento di dipolo permanente.
Materiali ferroelettrici: materiali dielettrici caratterizzati dall’avere una polarizzazione spontanea anche in assenza di campo elettrico.
Materiali piezoelettrici: materiali (principalmente ceramici) in cui, applicando una forza esterna, si induce una polarizzazione sul materiale che crea un campo elettrico.
Propagazione del calore:
Il calore si propaga nel materiale secondo due principali meccanismi:
- trasportato dalle onde di vibrazione del reticolo (fononi = controparte quantistica della scomposizione dei moto di vibrazione in vibrazioni elementari cioè modi normali);
- moto degli elettroni liberi, a temperature maggiori possiedono maggiore energia cinetica, e quindi si muovono verso le zone più fredde.
Come si propaga il calore nei vari materiali:
- Metalli: componente elettronica più importante, elettroni più veloce e dissipano meno rapidamente l’energia.
- Ceramici: componente principale del trasporto i fononi (elettroni poco mobili) di fatto sono termicamente isolanti. Quelli più porosi sono maggiormente isolanti
- Polimeri: trasferimento dato dalle vibrazioni e dalle rotazioni delle catene. Un polimero cristallino è un miglior conduttore di uno amorfo a causa della più efficace vibrazione coordinata delle catene.
Materiali diamagnetici: la suscettività magnetica è negativa, cioè il valore del campo B all’interno del materiale è inferiore a quello nel vuoto. I materiali sono attratti verso regioni con campo minore. Non ci sono momenti di dipolo permanenti ma il campo applicato induce una distorsione del moto elettronico.
Materiali paramagnetici: ogni atomo ha un momento di dipolo permanente diverso da zero. L'applicazione del campo magnetico orienta i momenti di dipolo. Orientandosi nel verso del campo esterno aumentano il campo magnetico nel materiale, quindi suscettività magnetica positiva (piccola in generale).
Ferromagnetismo: proprietà di materiali che possiedono un momento magnetico permanente in assenza di un campo magnetico esterno. I vari momenti magnetici risultano allineati così da contribuire ad un momento magnetico complessivo diverso da zero anche in assenza di campo esterno.
Antiferromagnetismo: proprietà di materiali in cui ci sono atomi o ioni con momento magnetico diverso da zero, ma posti in modo tale che i momenti magnetici si annullano esattamente l’uno con l'altro.
La temperatura aumenta l'agitazione termica e questo porta ad un “disaccoppiamento” dei momenti magnetici e quindi ad una perdita completa delle proprietà magnetiche a T maggiori della T di Curie. Ogni materiale ferromagnetico, a T inferiori alla T di Curie, è formato da regioni in cui i dipoli sono accoppiati (domini) separati da zone di passaggio.
Proprietà ottiche dei metalli:
I metalli hanno una banda di energia praticamente continua e sono in grado di assorbire tutte le lunghezze d’onda della luce visibile. L’elettrone eccitato poi devi disperdere l’energia assorbita in qualche modo:
- l’elettrone ritorna nello stato fondamentale ed emette una radiazione della stessa lunghezza d’onda di quella assorbita;
- alcune radiazioni possono invece non essere riemesse perché l’energia viene dissipata termicamente.
Proprietà ottiche dei non-metalli:
I non-metalli possono essere trasparenti alla luce visibile.
Rifrazione: la luce passa attraverso ma ha una velocità diversa (effetto della polarizzazione)
Indice di rifrazione: n = c/v
dove v = velocità della luce nel materiale che dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione (separazione dei colori). v dipende dalla costante dielettrica della sostanza, come detto di base la diminuzione della velocità è un effetto della polarizzazione elettronica.
Atomi più grandi sono più polarizzabili, è facile quindi capire che n dipende dalla dimensione degli atomi/ioni presenti:
- Atomi/ioni più grandi n più grande
- n può essere asimmetrico, più grande nella direzione con più atomi/ioni
Assorbimento: per polarizzazione elettronica solo se la frequenza è vicina a quella di rilassamento. Altrimenti si ha assorbimento per passaggio dell’elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione.
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